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In questi giorni, chiusi in casa, stiamo facendo scorpacciate di cinema, spettacoli teatrali e culturali, esposizioni, mostre e concerti approfittando del grande magazzino di opere disponibile on-line. Questo stock di opere è arricchito costantemente di nuove realizzazioni grazie agli artisti, più e meno noti, che con il loro lavoro alimentano l’industria culturale e che giungono a noi con percorsi originali e inconsueti. Qui vi parliamo della buona pratica per lo sviluppo delle arti figurative realizzata a Taranto.
Taranto è purtroppo nota, in Italia e nel mondo, soprattutto per le vicende dello stabilimento siderurgico dell’ILVA, prima Italsider, poi passato alla famiglia Riva e poi al gruppo Arcelor-Mittal. Realizzato negli anni Sessanta, negli anni Settanta arrivò a occupare oltre 25.000 addetti diretti e 14.000 nell’indotto. Assieme alla raffineria dell’ENI, realizzata negli stessi anni, contribuì a fare di Taranto una delle aree con il più elevato reddito pro-capite del nostro paese. A partire dagli anni Duemila, la crisi del settore dell’acciaio si è intrecciata con la presa di coscienza delle conseguenze dei veleni emessi dall’impianto sulla salute dei lavoratori e dei cittadini e con le varie indagini realizzate dalla magistratura, fino ai nostri giorni. Chi vuole approfondire può leggere il bel libro di Angelo Bonelli “Good Morning Diossina. Taranto, un caso italiano e europeo”.
Ma Taranto non è solo ILVA. Unica colonia spartana realizzata in Italia possiede risorse artistiche e culturali come il Museo Archeologico Nazionale MARTA, , il Castello Aragonese, il Borgo Antico. Si trova in una zona ricca di tradizioni artistiche come quella della ceramica di Grottaglie. A Taranto ha trascorso alcuni anni, prima della sua scomparsa, la poetessa milanese Alda Merini. Qui sono nati alcuni artisti importanti contemporanei come lo scultore Nicola Carrino, la scultrice Ezia Mitolo e il pittore Roberto Ferri, che però hanno costruito il loro percorso artistico lontano dalla città senza avervi mai esposto.
In questa città divisa tra le sue tradizioni e la sua realtà industriale e in cui il destino di migliaia di famiglie si trova al bivio tra lavoro e salute, si è sviluppata a partire dall’inizio del Duemila, la buona pratica dell’associazione C.L.A.M. (Cultura Lingue Arte Musica) International, capace di radunare, negli ultimi anni, una decina di artisti che vivono e operano a Taranto. Di seguito raccontiamo il percorso dei primi tre.
L’associazione nasce nel 2002 per iniziativa di Francesca Di Ponzio, laureata in lingue e letterature straniere all’università di Venezia Ca’ Foscari e insegnante di lingue, che ne è ancora oggi l’animatrice e la presidente, e di un gruppo di donne di diversa nazionalità, residenti e in transito in città, che si associano per la gestione delle attività riguardanti l’educazione dei figli.
All’inizio C.L.A.M. si occupa di corsi e spettacoli per bambini e poi man mano di attività, culturali e ricreative, destinate anche agli adulti. È proprio in occasione di una di queste, del Mercatino di Natale del 2015, che avviene l’incontro con Piero Nardelli (1952), un ex impiegato dell’Arsenale di Taranto, schivo e riservato, che custodiva a casa una vasta produzione di raffinate sculture in argilla realizzate negli anni. Francesca lo convince a mostrargliele e si trova di fronte a una ricerca avviata da anni interessata “a indagare il femminile in tutte le sfaccettature che può cogliere, a volte in maniera quasi ossessiva” e che merita di essere portata alla luce. Lo convince a esporle e organizza una prima mostra nella Galleria Comunale del Castello Aragonese dal titolo “I Disorientati”. Successivamente realizza un catalogo e lo propone a una galleria di Firenze e da qui le opere di Nardelli giungono a Londra per una mostra alla Royal Opera Arcade (ROA) Gallery e poi in altre mostre.
Grazie a Nardelli, Francesca entra in contatto con Antonio Schirosi (1956), un ex impiegato Italsider, che dipingeva da anni, secondo fasi che oggi, egli distingue in questo modo: “dai 13 anni ai 30 in maniera continuativa, dai 30 ai 50 in maniera saltuaria, dai 50 a oggi in maniera sistematica e oggi esclusiva”. La pittura di Schirosi, che si fa chiamare KOB/Schiro, è definibile “surrealismo puro”. Priva di sfumature, con colori decisi come a rappresentare dei giudizi morali netti “o bianco o nero”, incorpora ricordi di Klee, Picasso, Togo, che si fondono, a volte, in tessiture di mosaici e di miniature. Per Schirosi, Francesca realizza un percorso analogo a quello di Nardelli. Prima in mostre collettive, poi con una personale intitolata “Dal dubbio della ragione alla certezza del colore” nella Galleria Comunale del Castello Aragonese e una collettiva nella Galleria Mentana di Firenze e infine nella ROA Gallery di Londra.
Assieme a Schirosi, Francesca aveva incontrato Domenico Campagna (1950) un ex imprenditore edile. A differenza dei colleghi, Campagna ha una formazione artistica e un’attività artistica pubblica. Diplomato al liceo artistico, ha avuto come insegnante Nicola Carrino che è stato il suo Maestro. Ha già svolto un’intensa attività artistica con mostre personali e collettive con qualche puntata all’estero e scrive anche poesie. Nel clima culturale Tarantino riconosce l’importanza dell’Associazione per la divulgazione dell’arte e nel 2019 espone alcune sue opere in una personale presso SPAZIO CLAM, dal titolo “Dal buio alla Luce”. Campagna è più interessato degli altri alla tematica sociale e ambientale, denunciando, fin dagli anni Novanta, le drammatiche condizioni in cui i tarantini sono costretti a vivere a causa dell’inquinamento provocato dall’ILVA. Situazione che ha affrontato anche di recente, in occasione dell’anniversario della morte di un giovane per cause collegate all’inquinamento, con un’installazione nelle sale della Provincia. Negli ultimi periodi ha realizzato interventi on-site molto colorati su strisce pedonali, aree stradali e percorsi della città vecchia.
Nardelli, Schirosi e Campagna condividono un giudizio positivo sul ruolo di promozione culturale dell’Associazione CLAM e di altre che sono nate sulla scia di questa buona pratica e che non hanno riscontrato nelle istituzioni pubbliche. Mantengono un certo distacco dall’ambiente della città e anche dalla problematica dell’ILVA per poter conservare un’autonomia artistica ed espressiva. Il periodo di “fermo” dovuto all’emergenza COVID consente loro la calma per lavorare e raccogliere idee.
In sintesi, in una città lacerata dalla problematica dell’ILVA, nel giro di pochi anni, esperienze sparse e sottotraccia sono state raccolte e portate alla luce come l’erba che spunta tra le pietre, per usare una metafora vegetale. Certamente la volontà, l’interesse e il metodo di Francesca Di Ponzio e della sua Associazione sono stati determinanti per ottenere dei risultati. Una buona pratica da imitare.