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Allo Studio Museo Francesco Messina di Milano è in corso, dal 10 luglio all’8 settembre, la mostra di Maria Cristina Carlini (MCC), “Geologie, memoria della terra”. MCC (Varese-1942) ha una lunga attività alle sue spalle, iniziata casualmente negli anni Settanta quando, laureata in giurisprudenza, si trasferisce con il marito che deve seguire un master, a Stanford in California. Qui, come ha raccontato lei, avendo poco da fare, si iscrive a un corso di ceramica e scopre la passione che la porterà a diventare una scultrice affermata, con opere esposte nei principali musei e luoghi pubblici del mondo. In mostra a Milano ci sono sei opere molto significative e rappresentative della sua attività artistica: Libro dei morti, Origine, Legni, Fantasmi del Lago, Meride. Fossili, Samurai. Naturalmente vi consiglio di andare a visitarla, l’ingresso è gratuito e basta prenotare.
MCC, in un’intervista in apertura dell’esposizione, ha affermato che la sua scultura non è spiegata ma va interpretata e finora lo è stata certamente in vari modi, in riferimento a differenti aspetti: alle dimensioni definite “monumentali” delle sue opere; alla loro collocazione nello spazio che le conferirebbero significati diversi a seconda del contesto; ai materiali impiegati come argilla, acciaio, legno di recupero, minerali; ai soggetti trattati che hanno spaziato in ambiti diversi. Ciononostante, alcune sue dichiarazioni costituiscono una traccia esplicativa, ad esempio quando in un’intervista al critico Carlo Franza afferma: “È vero, dalla terra, dal suo contatto, io non mi posso liberare…per me la materia, la terra, dà molta pace. Quello che con fatica, cerco in tutte le mie opere, è di arrivare all’essenza, direi quasi al primitivo che è dentro di me…ad un’armonia perfetta”, opere che, in occasione di questa mostra, lei definisce “arcaiche” per contrasto a quelle classiche e levigate di Francesco Messina.
La mia impressione è che la sua ricerca, forse inconsapevolmente, ruoti intorno al tema dell’origine della vita e che i temi trattati, i materiali impiegati, i lavori realizzati vadano tutti in questa direzione, anche quando affrontano temi che potrebbero apparire estranei e in cui l’elemento che sembra prevalere è quello della realizzazione tecnica o della tenuta statica, come in opere quali Stracci o Vento. La sua produzione appare legata ai miti della nostra cultura classica in cui compaiono i quattro elementi: acqua, aria, terra, fuoco che, secondo gli antichi, costituivano l’universo; un ambiente sconvolto da terremoti e da esplosioni vulcaniche in cui si aggiravano esseri giganteschi (da cui la monumentalità delle sue opere); materiali allo stato naturale fortemente evocativi anche se è evidente che il loro aspetto attuale è merito del lavoro dell’artista.
Parallelamente all’inaugurazione della mostra, è apparsa sulla Lettura del 12 luglio, un’intervista a Francesco Salese, (Pescara-1988), un geologo che porta avanti una ricerca sul principio della vita a partire da come si sia estinta su un altro pianeta, attraverso l’interpretazione delle foto realizzate dalle varie missioni spaziali che si sono succedute su Marte. Secondo Salese, il pianeta rosso una volta era ricco d’acqua, con temperature più elevate e un’atmosfera più densa che avrebbero reso possibile la vita, condizioni che si sarebbero poi modificate. Le foto mostrerebbero canali formati da grandi fiumi attivi oltre tre miliardi di anni fa e i sedimenti sarebbero indicativi di condizioni ambientali favorevoli alla presenza di corsi d’acqua e precipitazioni importanti.
Al di là dei gigantismi del mito o del paragone tra l’antico territorio marziano e il corso del fiume Po come qualche giornalista si è spinto a fare, altri scienziati procedono attraverso il molto piccolo per individuare quello che viene denominato LUCA (Last Universal Common Ancestor) cioè il nostro antenato comune, non un ominide, ma il primo essere vivente, capace cioè di riprodursi e di accrescere man mano le proprie caratteristiche.
In una bella intervista apparsa su Pikaia, il portale dell’evoluzione, il prof. Bill Martin dell’Istituto di Evoluzione Molecolare dell’Università di Dusseldorf, ci racconta che LUCA si è probabilmente evoluto tra gas come l’idrogeno, l’azoto e l’acido solfidrico. Era un organismo anaerobico, termofilo che quindi amava il caldo e aveva bisogno di metalli. “Ciò significa che viveva in un ambiente ricco di gas vulcanici, faceva caldo, c’erano rocce e questo assomiglia molto ai camini idrotermali che oggi troviamo sul fondo degli oceani”.
La descrizione del prof. Martin non mi appare lontana dall’ambiente che MCC vorrebbe evocare con le sue sculture e da quella che Francesco Falese immagina sia stata l’atmosfera su Marte. Il mito dimostra ancora la sua attualità, essendo da un lato capace di ispirare l’arte e dall’altro di apparire ravvisabile dall’indagine scientifica.
Abstract
Artists and scientists in search of the origin of life: Maria Cristina Carlini and Francesco Salese
Maria Cristina Carlini (Artist-Varese-1942) and Francesco Salese (Geologist-Pescara-1988) work differently on the same theme, that of the origin of life. The first through large sculptures, made with earth, wood and steel that evoke the environment in which life appeared; the second through the analysis of photos of the Martian environment on which rivers and lakes would have existed billions of years ago. Both describe the Earth at the time of the appearance of LUCA (Last Universal Common Ancestor), the common ancestor of all living species.
Congratulazioni per l’articolo molto interessante che unisce arte e scienza.
Gentil Irma, grazie del commento. Alcuni artisti, con i loro mezzi espressivi, portano avanti una ricerca che si affianca a quella delle discipline scientifiche, affascinati dalle stesse domande che si pongono gli scienziati. Io mi limito a farlo notare.