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Ricordate The Core, il film di fantascienza di Jon Amiel del 2003? Una serie di strani fenomeni, l’improvvisa morte di persone portatrici di pacemaker o la perdita dell’orientamento di gruppi di piccioni che vanno a schiantarsi contro gli edifici, viene attribuita al collasso del campo elettromagnetico terrestre causato dalla mancata rotazione del suo nucleo esterno. Per rimetterlo in movimento viene allestita una speciale “nave” chiamata “Virgil” che, grazie a un potente laser, è capace di penetrare nel sottosuolo, perforando e sciogliendo la roccia. Il suo compito sarà quello di giungere fino al nucleo e farlo ripartire con l’esplosione delle bombe termonucleari di cui è armata. Superando una serie di imprevisti e grazie al sacrificio di parte dell’equipaggio, l’operazione andrà a buon fine e il mondo sarà salvo.
Quel film rappresentava un’ulteriore manifestazione del sogno di poter esplorare l’interno del nostro pianeta, avveratosi solo nell’arte perché, nella realtà, la massima profondità raggiunta è di ca. 12 km, con il Pozzo super profondo di Kola, in Russia. Purtroppo, il buco è largo solo 23 cm e dopo 20 anni di tentativi il progetto è stato interrotto. A quella profondità le rocce vecchie di 2,7 miliardi di anni diventavano plastiche e la temperatura era di 180°.
Il bellissimo libro di Robert Macfarlane (1976), “Underland. Un viaggio nel tempo profondo”, pubblicato in Italia da Einaudi con la traduzione di Duccio Sacchi, torna a scavare in quel sogno, ripartendo dall’osservazione delle cavità naturali o artificiali della Terra che l’uomo è effettivamente in grado di raggiungere e invitandoci a utilizzare il punto di vista del “mondo di sotto”, per comprendere quello che accade al piano superiore. La copertina del libro è illustrata con l’opera Nether (inferiore) di Stanley Donwood, un artista britannico, noto per aver realizzato le copertine degli album del gruppo rock Radiohead e opere che si collegano al tema del sotterraneo e con cui Macfarlane ha collaborato spesso.
L’autore definisce chiaramente il nostro rapporto con il sottosuolo in questo modo: “In tutte le epoche e culture ricorrono sempre le stesse tre funzioni: proteggere le cose preziose, produrre le cose pregiate, eliminare le cose nocive. Proteggere (ricordi, sostanze preziose, messaggi, esistenze fragili). Produrre (informazioni, ricchezza, metafore, minerali, visioni). Eliminare (scorie, traumi, veleni, segreti). Nel mondo di sotto riponiamo da sempre ciò che temiamo e desideriamo perdere e ciò che amiamo e desideriamo salvare.” A queste tre io ne aggiungerei una quarta, di cui Macfarlane parla nel libro, che è quella di mettere in contatto con altri mondi, come quello dei defunti.
Del resto, il nostro rapporto con il sottosuolo è completamente diverso da quello che abbiamo con ciò che ci circonda sulla superficie terrestre, acque comprese, o nel cielo. I drammi occorsi nel sottosuolo, nelle miniere o a singole persone, come dimenticare il dramma di Vermicino, ci fanno toccare con mano che la nostra conoscenza del sottosuolo è assolutamente insignificante rispetto a quella degli altri ambienti in cui si svolge la nostra esistenza. Ci illudiamo di poter nascondere nel sottosuolo oggetti e sostanze che potrebbero riemergere o dissigilliamo cose che erano state sepolte, senza preoccuparci delle conseguenze.
Per illustrare queste funzioni Macfarlane, mettendo alla prova il suo fisico e la capacità di resistenza alla claustrofobia, ha compiuto un viaggio in undici luoghi del centro e del nord Europa, accompagnato da visitatori e abitanti, esperti conoscitori di quei posti. In Inghilterra, in cavità impiegate per realizzare tombe dell’Età del bronzo e in un laboratorio scientifico posto a quasi un chilometro sotto la superficie; nei sottosuoli di Parigi, meta ormai di una pratica di esplorazione urbana; nei fiumi sotterranei dell’altipiano del Carso; nelle grotte delle isole Lofoten, in cui antichi dipinti raffigurano esseri umani danzanti; in Groenlandia ad osservare e ascoltare il comportamento dei ghiacciai e in Finlandia dove è sceso in un nascondiglio “sicuro” per i rifiuti nucleari. Un viaggio anche nel tempo, quello profondo, delle rocce e del ghiaccio, in cui si è calato.
Le esplorazioni dell’autore sono un osservatorio delle trasformazioni ambientali in corso nel nostro pianeta, perché: “La natura non è piú soltanto una vetta remota che scintilla al sole, o un rapace a caccia sopra boschi di betulle: natura è anche la linea di marea piena di rifiuti di plastica, o i clatrati di metano che si decompongono per milioni di chilometri quadrati a causa del riscaldamento del permafrost.” Nel viaggio a Kulusuk, in Groenlandia, Macfarlane ci descrive gli effetti dei cambiamenti climatici e ci fornisce una spiegazione concreta del termine “solastalgia”, il neologismo coniato nel 2003 dal filosofo Glenn Albrecht, impiegato per rappresentare l’infelicità delle persone di fronte alle trasformazioni dell’ambiente in cui vivono. “Il ghiaccio -dice Macfarlane- ha una vita sociale. La sua mutevolezza plasma la cultura, la lingua e le storie di chi vive nelle sue vicinanze. A Kulusuk le conseguenze dei cambiamenti recenti sono visibili ovunque. I suoi abitanti fanno parte del precariato di questo pianeta instabile e frenetico. Lo scioglimento dei ghiacci, unito alla sedentarizzazione forzosa e ad altri fattori, ha avuto gravi conseguenze sulla salute mentale e fisica degli abitanti della Groenlandia, i cui tassi di depressione, alcolismo, obesità e suicidio sono aumentati soprattutto nelle piccole comunità.”
Eppure, non ce ne accorgiamo. Poiché gli eventi più rilevanti del cambiamento climatico si producono in un territorio scarsamente abitato che conosciamo poco e con effetti che possono apparire vantaggiosi nell’immediato, come la possibilità di raggiungere più rapidamente dei luoghi o l’aver accesso a delle ricchezze minerarie, restiamo ciechi sulle conseguenze di lungo periodo come nella discesa alle profondità degli inferi.
Abstract
Robert Macfarlane’s beautiful book, “Underland. A deep time journey “, goes back to delving into the human dream of being able to move in the bowels of the Earth, starting from the observation of the natural or artificial cavities that man is actually able to reach, inviting us to use the point of view of ” Underland ”, to understand what happens upstairs. The cover of the book is illustrated with the work Nether by Stanley Donwood, a British artist, known for making the album covers of the rock group Radiohead and works that relate to the theme of the world below and with which Macfarlane has often collaborated .
Ho ordinato una copia del libro, grazie Fab degli aspetti nuovi e interessanti che ci proponi sul mondo.
Adelina grazie a te, sono sicuro che ti piacerà.