L’ultimo post di questo anno è composto da un biglietto di auguri e da ringraziamenti. Di auguri abbiamo certamente bisogno tutti, ma non possiamo nasconderci che le frasi e gli aggettivi di rito quest’anno corrono il rischio di apparire inappropriati. Sappiamo già che il Natale sarà in tono minore e che il 2021 sarà ancora occupato, almeno per buona parte, dai bollettini della pandemia, anche se speriamo che i vaccini arrivino in fretta e siano efficaci. Per il biglietto ho scelto una gouache di Manfredo Fanti e una poesia di Aky Vetere tratti da Errare Humanum Est, lavoro curato assieme a loro anche da Rossana Baroni. Ma questo è anche il momento dei ringraziamenti agli artisti, che hanno particolarmente sofferto in questo periodo di chiusura di mostre, gallerie e musei, perché avremo ancora più bisogno delle loro opere e delle loro immagini, per aiutarci a sopportare e a elaborare la fase che stiamo vivendo e quindi vogliamo incoraggiarli a continuare nel loro lavoro.
Continua a leggereMese: Dicembre 2020
Silvia Infranco fa affiorare le tracce della memoria del mondo
La scrittrice Anne Wiener nel libro “La valle oscura” (Adelphi, 2020 – traduzione di Milena Zemira Ciccimarra), dedicato alla sua esperienza di lavoro nella Silicon Valley, ci parla del “fardello psicologico comune a tutte le persone che lavoravano in ambito tecnologico, e soprattutto a quelli di noi che creavano un prodotto che esisteva solo nel cloud…”, peso causato dalla “consapevolezza che tutto il software era esposto in ogni momento alla cancellazione”. Per reazione “Metà dei programmatori tra i ventidue e i quarant’anni che conoscevo, per lo più uomini, stavano scoprendo che le loro dita erano multiuso. «Mi sento così bene quando faccio qualcosa con le mani» dicevano, prima di lanciarsi in monologhi sui lavori di falegnameria, sulla birra fatta in casa o sul pane al lievito madre.” Nel frattempo “Le società tecnologiche erano lì in agguato, pronte a diventare la biblioteca, la memoria, la personalità di ognuno”.
Continua a leggereCucire gli opposti. I Paesaggi Improbabili di Stefania Beretta
Alla Galleria Consarc di Chiasso è in corso e resterà aperta fino al 24 dicembre, la mostra “Paesaggi Improbabili-Religamen” della fotografa svizzera Stefania Beretta (1957), un’artista che ha al suo attivo una lunga carriera e numerosi riconoscimenti a livello internazionale. La rassegna dovrebbe trasferirsi dal 16 gennaio del prossimo anno a Genova, alla galleria Sharevolution ma, non potendone essere certi data la situazione, ne ho nel frattempo parlato al telefono con l’artista. Le opere, fortunatamente, sono visibili sia sul suo sito web che su quello della Galleria.
La serie dei “Paesaggi Improbabili” è, in estrema sintesi, un omaggio all’acqua e agli alberi, due elementi indispensabili per la nostra vita. Le foto rappresentano grandi paesaggi, per lo più in bianco e nero, tecnica che la Beretta predilige, senza esseri umani. A queste scene di mare, laghi, terre alluvionate e vegetali, l’artista ha aggiunto delle cuciture, che formano linee, colori, figure, soggetti, rendendo questi paesaggi per l’appunto “improbabili” ma non impossibili, perché esistono anche se modificati.
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