Il green Gran Tour di Federica Galli


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Ritratto_Federica_Galli_ph_Berengo_Gardin

A Milano, è in corso e resterà aperta fino al 27 giugno, la mostra Federica Galli green Gran Tour che vi consiglio di visitare. Avevo scoperto le sue opere nel corso della mostra della fotografa Beth Moon dedicata agli alberi secolari del nostro pianeta, svoltasi lo scorso anno, alla galleria Salamon Fine Arts. Alle foto erano state sapientemente accostati alcuni alberi in ferro battuto di Lorenzo Zanon e delle acqueforti di Federica Galli dedicate allo stesso soggetto. In un primo momento, ero rimasto colpito più dai primi, che sentivo più vicini alla tradizione della mia terra d’origine e della mia famiglia, avendo mio padre praticato quella tecnica ma poi, fu la gallerista Lorenza Salamon, una delle massime esperte del settore e presidentessa della Fondazione dedicata alla Galli, che ebbe la pazienza di assistermi e portò la mia attenzione sulle seconde e sul suo percorso artistico. Fu sempre lei a farmi comprendere, nel corso di quel breve colloquio, l’importanza delle incisioni nello sviluppo culturale europeo, perché esse sono state le prime immagini a poter essere stampate, contribuendo ad alimentare la circolazione delle idee.

Federica Galli (Soresina 1932-Milano 2009) arriva a Milano da Soresina, un piccolo paese agricolo della provincia di Cremona nel 1946, per frequentare il Liceo Artistico di Brera e poi l’Accademia, dove si diplomerà in pittura. Alla scoperta della tecnica dell’incisione contribuisce il viaggio che compie in Olanda nel 1956, in occasione del 350° anniversario della nascita di Rembrandt. Qui, secondo Cristina Muccioli, scopre che l’incisione, con cui il pittore olandese aveva però rappresentato soprattutto persone, poteva essere la tecnica per ritrarre la natura e il paesaggio che vivevano dall’infanzia dentro di lei, nella sua “memoria vegetale”, che al contrario non raffigurerà mai esseri umani. Occasione che diverrà necessità perché nell’appartamento che divide a Milano con le amiche, i colori a olio erano mal sopportati per il loro odore.

L’acquaforte le dà la possibilità di svolgere in casa tutta la fase creativa, il disegno e la prima fase realizzativa, che è l’incisione. Quest’ultima si realizza tramite l’asportazione con una punta, lei impiegherà una puntina di grammofono, della vernice con cui è rivestita la superficie di una lastra metallica. Le fasi successive: la morsura, in cui la lastra viene immersa in una soluzione acida che morde le parti scoperte dall’incisione e poi l’inchiostrazione della lastra e la stampa mediante il torchio calcografico, possono essere svolte in un laboratorio. Successivamente, Federica Galli passerà a incidere le lastre direttamente all’aperto di fronte ai suoi soggetti, agli alberi, all’acqua, ai paesaggi agresti e quando osserverete le migliaia di piccoli, minuscoli segni sulla lastra che ogni suo lavoro ha richiesto, vi renderete conto di quale compenetrazione doveva esserci con quello che stava osservando e di quanto rivivesse ogni volta quell’esperienza della natura dentro di sé.

  • Rio_Ognissanti_1984_1986_490x84
  • Bosco_Pisani_Dossi_1977_588x793
  • Via_Scaldasole_1989_491x796
  • Cascina_Mora_1979_599x600
  • La_Chiesa_Rossa_1989_393x794
  • Le_Cupole_1983_1985_592x587
  • MilanoNordBovisa_1989_393x794
  • Via Lupetta_2003_493x496

La mostra è un percorso in tutta la sua opera attraverso cinque soggetti: le cascine attorno a Milano; la campagna padana; gli alberi secolari d’Italia; i paesaggi di Milano e le vedute di Venezia. È una mostra in bianco e nero ma anche se siamo abituati a pensare a colori la natura, la vegetazione e gli alberi, ci accorgeremo, dopo un po’, che invece il b/n rende tutto più importante, meno transitorio, esprimendo il tempo del processo di realizzazione ma anche quello dei cicli naturali, delle stagioni e della Terra. Due importanti fotografi, Gabriele Basilico e Gianni Berengo Gardin avevano realizzato, alla fine del secolo scorso, delle foto in bianco e nero del Parco Sud Milano ma Federica Galli aveva ritratto le cascine milanesi a partire dal 1966, facendone una specie di censimento, con una preveggenza notevole dei processi che le riguarderanno, ben descritti da Stefano Fera nel catalogo della mostra. A partire da quegli stessi anni, infatti, con l’abolizione della mezzadria, alcuni proprietari agricoli cederanno i terreni divenuti per loro poco redditizi ai nuovi immobiliaristi di Milano che ne faranno incetta divenendo gli interlocutori della politica urbanistica della città.

Gli alberi e i grandi alberi secolari d’Italia saranno l’altro soggetto dell’attività di Federica Galli al punto da meritarle l’attributo di Signora degli alberi. Dagli anni Cinquanta, quando realizza le prime acqueforti, dedicate forse al ricordo del giardino della casa di famiglia, al suo primo libro-catalogo, Gli alberi del 1965, fino al progetto realizzato a partire da metà dei primi anni Ottanta e portato avanti per due decenni, dedicato ai grandi patriarchi vegetali del nostro paese, a questo immenso patrimonio vegetale con cui lei avverte una sintonia e un legame profondi.

Infine il ciclo delle opere dedicate alla sua terra si chiude con Milano, la città in cui lei era arrivata appena terminata la guerra e che le sarà apparsa, come dice Stefano Zuffi, “ferita, sbrecciata, annerita, spoglia ma non avvilita” e di cui lei continuerà a ritrarre, con una cadenza decennale, le macerie e le conseguenze dei bombardamenti che erano ancora presenti nelle vie e nelle piazze del centro e che solo da poco tempo sono scomparse alla nostra vista, tracciando una storia precisa della città.

In questo percorso lombardo, nel 1984 si inserisce Venezia, quando la Galli accetta la proposta della Olivetti e del suo responsabile culturale Renzo Zorzi, di ritrarre la città lagunare, forse perché Venezia è una città così naturale e direi vegetale, anche se gli alberi non la caratterizzano. Il lavoro durerà quattro anni e si concluderà con una mostra, unico artista vivente ad ottenerla, alla Fondazione Cini.

E ora, a Palazzo Morando, oltre ai soggetti, possiamo ammirare l’infinita capacità, il ricamo vero e proprio che componeva pazientemente sulla lastra, riproducendo ciò che aveva davanti agli occhi nei minimi dettagli, entrando nell’anima degli alberi, dei corsi d’acqua, dei sentieri, del cielo, delle nuvole, delle case, trasformando ciò che vedeva in qualcosa di eterno, fuori dall’Antropocene, dal Capitalocene e dalle ere umane in cui cerchiamo di rinchiuderli.

Abstract

In Milan, is ongoing and will remain open until 27 June, the exhibition Federica Galli Green Gran Tour that I recommend you to visit, a route throughout his work through its etchings dedicated to five subjects: the farms around Milan; the Padan countryside; the centuries-old trees of Italy; the landscapes of Milan and the views of Venice. Images that she reproduced in detail entering the soul of trees, waterways, paths, sky, clouds, houses, transforming what she saw into something eternal, outside the Anthropocene, the Capitalocene and the human ages in which we try to lock them up.


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