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Fino al 23 luglio, a Milano, sono visibili i Nidi (Nests in Milan) di Tadashi Kawamata (Hokkaido – 1953), cinque installazioni in legno distribuite sulle facciate di altrettanti edifici della città. La più imponente è quella che riveste completamente la galleria Building, che ha organizzato la mostra, in via Monte di Pietà e che si sviluppa anche all’interno per tutti i suoi tre piani. Le altre quattro, di dimensioni meno significative ma comunque suggestive, sono collocate sul retro del Grand Hotel et de Milan, proprio di fronte alla galleria; sull’angolo del centro Congressi Fondazione Cariplo; nel Cortile della Magnolia a Brera e infine, di fronte all’ADI Design Museum dove, in autunno, l’artista giapponese realizzerà un’opera site specific, riutilizzando i materiali impiegati per Nests in Milan. Contemporaneamente, ma solo fino al 17 aprile, nel giardino della Triennale di Milano, è visibile Meuble Plus, del grande architetto Yona Friedman (Budapest 1923 – Parigi 1920), acquisita alla Collezione Permanente di questo ente e che, a mio modo di vedere, si colloca concettualmente sulla stessa lunghezza d’onda dei Nidi di Kawamata.
Dopo essersi laureato all’Università di Belle Arti di Tokyo, Kawamata viene invitato a soli 28 anni, al Padiglione Giapponese della Biennale di Venezia del 1982, dove crea una grande istallazione in assi di legno da cui fuoriescono dei pali dello stesso materiale, quasi una struttura difensiva sospesa. A partire da qui, poi, l’artista realizzerà una serie di interventi rappresentati da inserimenti, per lo più in legno, su facciate, balconi, tetti, alberi, pali, che ci colpiscono per la soluzione di continuità e per la decontestualizzazione rispetto al paesaggio urbano e quindi per le riflessioni che suscitano in chi osserva.
I lavori di Kawamata sono la risposta ad una visione tragica e pessimistica della vita attorno al concetto di fragilità dell’esistenza. Punto di partenza sono un edificio o una strada abbandonati, come nel caso di Kassel 1987, in cui si inserisce con una struttura che, anche se potrebbe apparire parassitaria, connette e unisce le parti restanti degli edifici, riempiendone gli interstizi. I suoi materiali sono concreti e gli danno la possibilità di toccare, prendere e colpire, pezzi di legno con cui può giocare tutto il giorno e la notte, per farli poi divenire enormi Mikado. Confessa di raccogliere le foto di disastri ambientali e che le sue realizzazioni sono un po’ simili a questi perché, da giapponese, in un paese in cui terremoti e tifoni rendono tutto precario, non crede che le cose siano stabili, “un vento improvviso può buttare tutto a terra”. “Se fossimo saggi – dice in un’intervista -non dovremmo fare nulla” e quindi dobbiamo tenerci in equilibrio nel tempo. Per lavorare impiega preferibilmente il legno, assi ma anche cassette o sedie, trasformando in bellezza dei materiali di risulta, realizzando opere che non hanno utilità o un impiego ma che pure costituiscono una riflessione sull’architettura, rendendo monumentale la fragilità e restituendo valore a ciò che è piccolo e povero, contro un mondo basato sulla dimensione e sulla potenza. Il lavoro di Kawamata è una forma di resistenza all’impotenza, facendo vedere come la creazione artistica e umana è un modo di nutrirsi di impotenza.
Il desiderio di sfuggire alla fragilità che sta alla base delle nostre città, ci fa pensare di trovare la soluzione nella solidità dei muri ma quando, come ci mostrano anche le tragiche scene della invasione dell’Ucraina da parte della Russia, questi si sbriciolano sotto i colpi feroci delle armi, ciò che resta sono le relazioni tra le persone, tra gli esseri umani, perché le città non sono muri ma relazioni e sono queste a renderle possibili. Per questo Kawamata realizza le sue opere coinvolgendo volontari e studenti, perché sono le relazioni che si stabiliscono a rendere forti questi piccoli pezzi di materiali assemblati.
I Nidi realizzati a Milano, sia quello monumentale che copre la facciata di Building che gli altri molto più piccoli, sono una metafora di tutto ciò. Come quelli degli uccelli, apparentemente fragili ma in realtà resistenti, realizzati con tutto ciò che i volatili possono raccogliere nello spazio circostante, i Nidi di Kawamata, collocati su edifici importanti, in una delle zone più prestigiose della città, ci colpiscono dapprima perché inattesi ma poi pensiamo che siano esteticamente complementari e che siano il giusto contrasto con le forme imponenti degli edifici che li sovrastano.
Se questa interpretazione vi sembra coerente, proseguite la passeggiata dal bel Cortile della Magnolia dell’Accademia di Brera, raggiungendo la Triennale per osservare le installazioni di Yona Friedman che formano Meuble Plus e, nel caso esse non fossero più visibili, procuratevene delle immagini. Si tratta di tre strutture realizzate con materiali molto semplici, tondini di ferro curvati e saldati con pareti e tetto in plexiglas trasparente, all’interno delle quali sono collocati delle sedute e dei tavoli e, in un caso, una branda. Opere pensate da Friedman nel quadro della architettura di sopravvivenza che si affiancano a quelle installate a No Man’s Land, la Patria di Tutti, il museo all’aperto realizzato da Mario Pieroni e da Dora Stiefelmeier a Rotacesta nel comune di Loreto Aprutino (PE) e denominate No Man’s Refuge, Il Rifugio di tutti di cui abbiamo già parlato qui a Novembre 2019.
Certo, i punti di partenza sono diversi; Kawamata è un artista che lambisce il territorio dell’architettura mentre Friedman da architetto tocca il terreno dell’arte. Eppure, in tutti e due, pur così distanti nel tempo, visto che Friedman era nato trent’anni prima, anche se probabilmente conoscevano i rispettivi lavori operando ambedue a Parigi, c’è una forte esigenza comune, quella di fare fronte alla fragilità dell’esistenza umana e di trovare le modalità di una risposta.
Buona Pasqua 2022
Abstract
From March 31 to July 23, in Milan, you can see the Nests (Nests in Milan) of the Japanese artist Tadashi Kawamata (Hokkaido – 1953), five wooden installations distributed on the facades of five buildings in the city. Simultaneously, but only until April 17, in the garden of the Triennale of Milan, is visible the Meuble Plus of the great architect Yona Friedman (Budapest 1923 – Paris 1920), acquired to the Permanent Collection of this body and that, in my opinion, is conceptually on the same wavelength.
Happy Easter 2022