La Natura Sovrana di Francesco Santosuosso


(Tempo di lettura 4 minuti)
Francesco Santosuosso – APOCALICTIC RIVER – olio e acrilico su tela – cm 150 200 – 2019

Immergendomi tra le opere della mostra Natura Sovrana di Francesco Santosuosso (Milano – 1959) in corso alla Galleria Rubin di Milano fino al 29 maggio, ho provato la sensazione che non si trattasse di paesaggi, nonostante essi da un punto di vista puramente definitorio lo siano, assieme a tutta la gamma di opposti sentimenti che si avvertono allorquando ci si trova di fronte a degli ambienti naturali: paura, timore, pace, quiete. Provo a spiegarvi perché.

Francesco Santosuosso ha alle spalle una carriera maturata in ambienti ed esperienze diverse di pittore, illustratore, incisore e insegnante. Dopo aver frequentato il liceo scientifico, si è laureato in architettura ed ha esercitato per alcuni anni la professione, che egli definisce di “artista sociale”, alla quale ha affiancato le varie esperienze artistiche fino a dedicarsi unicamente alla pittura nel 1997. La sua esperienza pittorica nell’ambito del paesaggio, che è quella preponderante, si divide sommariamente in due fasi: la rappresentazione di città o di parti di essa; molto ampia, ad esempio, è la serie di vedute aeree di Milano e la rappresentazione di paesaggi naturali, in cui non compare alcun elemento umano o creato dallo stesso. Nelle prime si percepisce il paesaggio della campagna periurbana, quella immediatamente limitrofa alle città, ma questo è completamente diverso da quello che ci presenta nella serie Paesaggi simbolici del 2015 e poi con Natura Sovrana. Con queste, Santosuosso esce definitivamente dalla rappresentazione architettonica, recuperando la spontaneità e l’immediatezza della espressione pittorica per dedicarsi esclusivamente al paesaggio naturale ma non a quello attuale. Il suo obiettivo è quello di rappresentare paesaggi primordiali, cioè la natura come probabilmente era o come immaginiamo avrebbe dovuto essere prima della comparsa dell’uomo o prima della sua affermazione su di essa. A questa svolta ha contribuito lo spostamento del focus culturale dalla città all’ambiente esterno, che ha reso la natura soggetto meritevole di rappresentazione pittorica. Il risultato è quello di tele molto materiche, spesso imponenti, in cui compaiono ampie scolature, quasi a sottolineare il racconto che l’artista fa della Natura Sovrana sì, ma a cui lui “non si è inchinato”

  • Francesco Santosuosso - WATERLINE-olio su tela - cm100x70 - 2018
  • Francesco Santosuosso - BIODIVERSITY - olio su tela .- cm 100x70 - 2018
  • Francesco Santosuosso - SUBMARINER - olio e acrilico su tela - cm 210x150
  • Francesco Santosuosso - SUPERNATURA 2021 - olio e acrilico su tela - cm 200x180
  • Francesco Santosuosso - SWELL - olio su tela - cm100x80 - 2018

La pittura della natura configura oggi una responsabilità per l’artista che, come affermato da Philippe Descola (1949), può limitarsi ad imporre un ordine con il suo lavoro all’ambiente che raffigura oppure, impiegando anche l’ausilio della scienza, scoprire la grana delle cose, il caos equilibrato che struttura il mondo naturale. La rappresentazione occidentale di quest’ultimo, spesso in termini di “recupero del selvaggio” è, a suo avviso, quanto di meno condiviso al mondo. Per la gran parte delle popolazioni che vivono immerse nelle grandi foreste, la natura non è “un’organizzazione trascendente o un oggetto da socializzare ma il soggetto di una relazione sociale”.

A partire dagli anni Settanta, con lo sviluppo di una consapevolezza ambientale e dei limiti dello sviluppo, la nostra visione della natura si è modificata nella direzione indicata da J. Lovelock (1919), della Terra come essere vivente in delicato equilibrio tra le varie parti che la compongono. Da un lato si è verificato lo sviluppo del concetto di Biofilia, introdotto da E. O. Wilson (1929 -2021), in base alla quale si sono ricercati gli effetti benefici dei vari ambienti naturali sull’uomo, mentre dall’altro l’aumento delle temperature medie, il rischio di innalzamento e di acidificazione dei mari, il verificarsi di disastri ambientali hanno posto l’accento sulla visione pessimistica o realistica della natura.

Per tornare alle opere esposte in mostra, anche se ad una prima vista potrebbero essere accostate a quelle dei paesaggisti americani dei primi dell’Ottocento, come Thomas Cole, Edwin Church, Winslow Omer, tanto ampio è lo spazio che alla pari di questi vorrebbe abbracciare, esse non mi sono apparse come dei paesaggi, quanto piuttosto rappresentazioni di stati d’animo, oscillando tra l’ottimismo e la speranza espressa in opere come Supernatura, Biodiversity e Submariner e il pessimismo e il timore di Swell, Waterline, Apocalictic River, atteggiamento che probabilmente era già rintracciabile nella sua serie sulle città.

Un discorso specifico merita Submariner, un quadro che mi ha colpito molto. In primo luogo, perché i fondali marini non sono stati ritratti spesso, in secondo luogo perché la visione pur idealizzata che ne dà Santosuosso è attraente ed imponente. La scena ha qualcosa di religioso e possiede la struttura di un’ascensione al cielo. L’osservatore è posto sul fondo del mare e la luce che penetra dall’alto con i raggi simili a quelli divini, illumina la scena che si perde avanti a noi a vista d’occhio, nitida e trasparente come non potrebbe mai essere. Le colonne di roccia e di corallo che si ergono di fronte a noi lasciando libero il centro, creano un forte motivo verticale. I colori sono vividi e di una gamma ampia per dare conto della varietà delle specie. Il tutto trasmette una sensazione di pace e quiete.

Nonostante come indicato prima dal naturalista americano Gary Snider (1930) e più recentemente anche dall’antropologo francese Jean Baptiste Morizot (1983), le indagini sulla natura oggi dovrebbero concentrarsi a livello del suolo o ad altezza animale perché è il gattonaggio, il mettersi a quattro zampe che dà la possibilità di poter seguire le tracce animali e di vedere come la vegetazione si modifica con il passaggio di questi e di osservare da vicino il lato oscuro della natura, la rappresentazione che ne fornisce Santosuosso resta seducente. L’ambivalenza connessa all’osservazione di quest’ultima non sembra essere infatti eliminabile come testimoniato anche dall’antropologo Claude Levy Strauss. Se da un lato l’arte gli appariva come la presa di possesso della cultura sulla natura, dall’altro diceva: “L’arte rimane all’interno della civiltà moderna come piccole isole di Wilderness sopravvissute per indicarci da dove proveniamo”.

The Sovereign Nature of Francesco Santosuosso

Immersing myself in the works of the exhibition The Sovereign Nature by Francesco Santosuosso (Milan – 1959) in progress at the Rubin Gallery in Milan until 29 May, I felt that these were not landscapes, although from a purely definitional point of view they are, together with the whole range of opposing feelings that you feel when you are faced with natural environments: fear, fear, peace, quiet. I’ll try to explain why.


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