“Rapporto da una tela assediata” recensione di Viana Conti


(Tempo di lettura 5 minuti)
Gianni-Emilio Simonetti – foto da libro MEMORANDUM 3 Bianca Pilat ediz. pp.30-31 2022

La Città Vegetale è onorata di ospitare la recensione di Viana Conti, critico d’arte, saggista, giornalista, alla mostra “Rapporto da una tela assediata” di Gianni-Emilio Simonetti, a cura di Bianca Pilat, in corso a Milano all’Associazione Bianca Pilat, fino al 10 dicembre.

Gianni Emilio Simonetti, artista, musicista, poeta e saggista proviene dal Situazionismo di Guy Debord e dopo aver conosciuto personalmente il fondatore di Fluxus George Maciunas ne diventa il protagonista italiano organizzando eventi e concerti Fluxus.  Le sue esperienze artistiche spaziano nei più vari campi, componendo musica di impronta cageana, partecipando alla nascita della Cramps Record e scrivendo, più avanti, saggi su Demetrio Stratos e gli Area. Nel 1965 fonda con Gianni Sassi la casa editrice ED912 e nel 1971 diviene direttore editoriale della casa editrice Arcana. Nel 1982 fonda la rivista “La Gola-mensile del cibo e delle tecniche di vita materiale”. Nel corso degli anni pubblicherà numerosi libri mescolando documentazione storica, riflessione filosofica, invenzione narrativa e cultura materiale. Nel 2017, l’intero archivio di Gianni-Emilio Simonetti, dal 1962 al 2016 circa, è stato acquisito dalla Beinecke Library della Yale University.

Rapporto da una tela assediata, recensione di Viana Conti

Opera digitale. Apre il percorso espositivo “Il Rapporto da una tela assediata”, decodificabile tramite il QR Code, per un/una voyeur che sa-di-non-sapere. È il rapporto di un’emergenza, nei termini di un’indifferibilità della proposta. È una provocazione che arriva, alla fine dell’estate, sulle ali di “un vento, sempre più freddo, che solleva le tovaglie al café Libman di Odessa”, da “utopie dai gradini di sabbia”, da “voli mancati a Ginger Island, non perché impossibili, ma perché inattuali”. Quella tela assediata, accompagnata da raffiche di vento, dall’onda di marea, è una macchina di cattura di paesaggi della storia, sospesi, lievemente, tra sogni e incubi, veleni e profumi, mussole e truppe acquartierate. Valigie traboccanti “raccontano di chi è condannato alla diaspora”. E ancora a “Cannaregio si ripiegano i corredi, si scruta la meridiana, si soffocano gli addii, si fuggono le ombre, si vive come i venti, senza dimora”.  Il Rapporto da una tela assediata è la messa in opera del messaggio-massaggio (message-mass-age ) di un poeta arrabbiato. La voce recitante è dell’artista. A chi ascolta arriva quel suono che confina e sconfina nel silenzio. Quella phoné, che l’essere abita, inconoscibile a chi la emette, è superficie sonora di un pensiero che scrive quello che nasconde.

Gianni-Emilio Simonetti foto RAPPORTO DA UNA TELA ASSEDIATA

Si tratta di un rapporto di fatti, azioni, sintomi, visioni, domande, rammemorazioni, articolati dall’autore, nella più indecifrabile, inattaccabile, struttura acustico-coscienziale del far Poesia, campo semantico in cui G. E. Simonetti tiene, agilmente, fermamente, in atto la sua rivoluzione permanente. Campo, a sua volta, cosparso di insidie, per chi vi si avventuri incautamente. Percorso che reinventa il suo reiterarsi a ogni stazione, parola, passo, segno, sogno. È un viaggio transiberiano di catastrofi semantiche.

Volti del paesaggio e paesaggio di volti si ripresentano come tracce del passato che ritorna familiare, come messa in distanza di un presente divenuto Perturbante/Unheimliche, estraneo. Traccia e aura, prossimità e lontananza, si rincorrono, come nei Passagenwerk benjaminiani. Si apre una soglia, si sbarra un confine. Tra il sogno e il risveglio s’inaugura una zona di transito che, ancora Benjamin, identifica come regione della conoscibilità. In Simonetti, come in Barthes, il racconto si racconta per cancellarsi, il ricordo si scrive nella voce. «Belle le parole, ma dove si nascondono le truppe acquartierate? […]“Ridendo, Vera Zasulič lo gridò ai suoi giudici: Non si può mai essere certi della propria impunità”…Quali strade resteranno bianche?… Dimenticheremo il sapore dell’acqua alla foce dei fiumi?…Abbiamo rianimato i sentieri e le poetiche, coltivato la Kunstwollen all’ombra del sintomo… Poeti di fessure, affidammo ai ciclostili il compito di capovolgere le clessidre».

La mostra. È in arrivo un pubblico di scrittori, amatori, artisti, critici, musicisti, collezionisti, tecnici. Scorre sulle pareti una sequenza di iconemi dell’immaginario, a collage – la più complessa, chirurgica, non arginabile, delle tecniche artistiche – che, in area fluxus, riconducono all’esercizio dei mesostici cageani, di azioni visuali, composizioni sonore sul vuoto. Ogni vedente diventerebbe veggente, alla luce della tecnologia dell’incantamento-incantamento della tecnologia, riconducibile all’autore, citato dall’artista, Alfred Gell. Se il mezzo è il messaggio, nella teoria di McLuhan, catene di contenuti sono funzionali alle modalità di messaggi che sono altrettanti mezzi. Altrimenti detto, i significanti anticipano i significati, che ne sono determinati e sottesi. Metaforicamente, sono tutti tessuti che, risiedendo in se stessi, si avverano in corso di tessitura. In questi apparati visivi-discorsivi dove sta l’autore? Nella sua sola funzione? Nel suo assentarsi o nel suo anonimo presentarsi come agente della Poiésis?

Compare, con  insistenza, sulle tele di Gianni-Emilio Simonetti Robert Walker, “Il reverendo pattinatore” – olio su tela di Henry Raeburn del 1790 – membro del primo club di pattinaggio artistico del mondo. Ora è una sagoma trasparente, spettrale, ora, come nell’originale, un compunto pattinatore, divenuto familiare, con tanto di pastrano, cappello, calzamaglia, ora mono ora bicolore. Le braccia sono incrociate sul petto nella postura del viaggio.

I collage su tela di Simonetti sono “macchine celibi”, per il Risveglio della Sposa/Le réveil de la mariée, senza télos in Duchamp, utili all’inutile in quel dispendio energetico batailliano che è deprivato di obiettivo. Opere come trapezismo di acrobati del vuoto, su quel nulla di visibile che, grazie al quadrato bianco di Malevič – come scrive l’autore – ma anche alle White writings di Mark Tobey, 1935-43, alle White paintings di Rauschenberg, 1951, alla composizione silente dei 4’33” di Cage, 1952, fa sì che «l’illeggibile sia il solo visibile che ci resta». «Dipingere – annota l’artista – è una forma di autoanalisi senza perdono»! «Dicono che siamo illeggibili – continua – solo perché siamo ingovernabili».  Come il risonare di un mantra, dall’incoercibile dinamica interna, i collage su tele, che non cessano di assediarsi, sottoscrivono un impegno fluxus che non manca di assicurare continuità alla rivoluzione in corso.

  • Gianni-Emilio Simonetti, Pandemic 01 2021
  • Gianni-Emilio Simonetti, Gnossiennès 1 (E. Satie)
  • Gianni-Emilio Simonetti, Le réveil de la mariée
  • Gianni-Emilio Simonetti, Volare verso Ginger Inland non era impossibile, era inattuale

Libro d’artista. Mnemoteca di documenti, testi teorici, reperti fotografici, corrispondenza, “Memorandum 3” di Gianni-Emilio Simonetti ripercorre, à rebours, un paesaggio di Concerti fluxus, Ready-bum game dall’aldilà (ordigno disattivato per una radio a galena nella collezione della Yale University), remake di cene surrealiste, futuriste, fluxus, volo di aquiloni sulla pista dell’aeroporto di Gibilterra, omaggio a Rudi Dutschke il rosso, ges, l’artista, ritratto davanti al Centro Studi marxisti di San Pietroburgo, lettera invito di John Cage del 1967, ancora lui davanti alla porta di Brandeburgo a Berlino. Un libro scaturito da un percorso di deriva situazionista, da concatenazioni di détournements, atti politici, posture sociali, segnali civili, gesti fluxus che non cessano di accadere qui e ora, in questo sessantesimo anniversario del movimento.

Abstract

La Città Vegetale is honored to host the review of Viana Conti, art critic, essayist, journalist, to the exhibition Report from a besieged canvas by Gianni Emilio Simonetti, artist, musician, poet and essayist and Italian protagonist of the Fluxus movement, in progress in Milan at the Bianca Pilat Association, until December 10.The exhibition consists of three parts: a story listenable through a QR Code; a series of collage works and the artist’s book Memorandum 3.


Un commento su ““Rapporto da una tela assediata” recensione di Viana Conti”

  1. Altamente apprezzabile la sensibilità della rivista “La Città Vegetale” e del suo responsabile editoriale Fabrizio De Fabritiis, verso le problematiche attuali di Arte, Cultura, Ambiente.
    La mostra “Gianni-Emilio Simonetti – Rapporto da una tela assediata “, curata da Bianca Pilat, è in corso all’Associazione Culturale Bianca Pilat, Milano, fino al 10 dicembre.
    “Si tratta di un rapporto di fatti, azioni, sintomi, visioni, domande, rammemorazioni, articolati dall’autore, nella più indecifrabile, inattaccabile, struttura acustico-coscienziale del far Poesia, campo semantico in cui G. E. Simonetti tiene, agilmente, fermamente, in atto la sua rivoluzione permanente. Campo, a sua volta, cosparso di insidie, per chi vi si avventuri incautamente. Percorso che reinventa il suo reiterarsi a ogni stazione, parola, passo, segno, sogno. È un viaggio transiberiano di catastrofi semantiche”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *