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La Building Gallery di Milano ha lanciato nel corso del 2018 il progetto BuildingBox, con cui una delle vetrine che affacciano sulla via Monte di Pietà viene destinata periodicamente all’opera di un artista di modo che la stessa sia visibile allo spettatore senza che sia necessario entrare nella Galleria e soprattutto ad ogni ora del giorno e della notte, visto che la vetrina resta permanentemente illuminata. Da Gennaio di quest’anno essa ospita le opere dell’iniziativa Equorea dove 12 tra artiste e artisti italiani, uno per ogni mese dell’anno, presentano, in una formula tra la personale e la collettiva, un lavoro dedicato al tema dell’acqua variamente intesa nel senso di: risorsa necessaria per la nostra vita, mare, oceano, elemento naturale costitutivo della materia di cui è fatto l’universo che, alla luce dei rischi di siccità che corriamo, ha acquisito un nuovo rilievo anche dal punto di vista artistico, anche se, come avevo commentato in un mio precedente articolo su questa rivista, essa non appariva tra i soggetti solitamente trattati dall’arte ambientale. In quell’articolo evidenziavo quattro differenti visioni delle distese d’acqua del globo: 1) museo; 2) luogo del mito e della fantasia: 3) luogo di riscatto politico-sociale; 4) urgenza ambientale.
Equorea, il titolo della rassegna, è un termine che compare nella bellissima poesia FALSETTO di Montale, contenuta nella raccolta Ossi di seppia, dedicata ad Esterina, fanciulla ventenne, che all’apice della gioventù e della bellezza ma anche minacciata dal tempo, si stende sullo scoglio lucente di sale e nell’acqua si ritrova e si rinnova e il poeta la pensa come un’alga, un ciottolo, equorea creatura, che la salsedine non intacca. Come Esterina molte sono le cose che possono richiamarci l’acqua e a questo sono stati chiamati dalla curatrice Giulia Bortoluzzi i dodici artisti, nell’ordine per i primi sei mesi: Barbara De Ponti (Milano 1975) di cui ho già parlato su questa rivista nel marzo 2021, Fabio Marullo (Catania 1973), Michele Guido (Aradeo, 1976), Elena Mazzei (Reggio Emilia, 1980), Silvia Mariotti (Fano, 1980, Gaspare (Terlizzi, 1980) e poi per i successivi sei mesi in ordine alfabetico, perché non sappiamo come appariranno: Ludovico Bomben (Udine, 1982) di cui ho già parlato su questa rivista nel febbraio 2021, Jaya Cozzani (Mumbay/Kanchipuram, 1982), Ignazio Mortellaro (Palermo, 1978), Fabio Roncato (Rimini, 1982), Michele Spanghero (Gorizia, 1979), Virginia Zanetti (Fiesole, 1981).
Come si nota, si tratta di una rappresentanza che tocca tutto il territorio nazionale, la cui data di nascita è contenuta tutta in una decina di anni e che, almeno che per primi sei artisti, si presenta con un ampio ventaglio di stili e tecniche. Barbara De Ponti, artista che si ispira fortemente alle scoperte scientifiche e conduce attente ricerche archivistiche per le sue fonti, ha aperto la rassegna a gennaio con un’opera del ciclo Clay Time Code del 2016, Globorotalia Puncticulata S4, una ceramica riproducente un nannofossile, organismi monocellulari dotati di scheletro, che accumulandosi nei mari per milioni di anni ha dato luogo alle argille azzurre, presenti nella zona di Faenza e da cui originava il ciclo esposto in precedenza in due luoghi particolarmente significativi per la ricerca, il Museo di Scienze Naturali Malmerendi e il Museo Carlo Zauli dedicato all’omonimo ceramista ed alla Galleria Viasaterna di Milano.
A febbraio è stata la volta di Fabio Marullo, che ha condotto con la De Ponti il progetto Alpina, a presentare due opere entrambi facenti parte della sua serie Figuration plants ispirata alle teorie dello scienziato Jacques Monod. La prima, Nebula, unico dipinto di questi primi sei mesi, realizzato ad olio su tela di lino, in cui descrive un’atmosfera primigenia, un ammasso cellulare o spaziale, i cui contorni non sono definiti ma sono solo accennati con una differente tonalità del quasi monocromo con cui è realizzato e da cui potrebbe originarsi una nuova forma di vita. La seconda invece è una ceramica in argilla bianca intitolata Ciò che di misterioso è palpabile che dovrebbe ispirarsi alla Puya Raimondi Harms, una pianta originaria del Perù, ma che invece a me pare rappresenti più una superficie marina increspata dalle onde o un organismo anfibio in via di evoluzione.
Michele Guido a marzo ha rappresentato uno dei fenomeni ambientali più citati per denunciare la situazione dei mari, lo sbiancamento del corallo, attraverso un serie di foto, scattate nel laboratorio Ascione di Torre del Greco, rappresentanti porzioni di corallo prive di colore abbinate a serigrafie e pellicole delle tonalità che una volta erano tipiche di quelle specie corallifere e che erano state registrate come il Living Coral e il Bleached coral da Pantone. La causa dello sbiancamento starebbe nello stress termico che provocherebbe la rottura della simbiosi tra i coralli e le alghe unicellulari (zooxanthellae) che vivono nei loro tessuti e che consentono la fotosintesi e la crescita e che sono responsabili dei loro colori brillanti.
Nel mese di aprile Elena Mazzei ha presentato un arazzo in cotone e viscosa, facente parte dello Studio realizzato per l’opera di ricerca ambientale Polar Silk Road, la cosiddetta Via Polare della Seta, conseguenza dello scioglimento dei ghiacci nello stretto di Bearing che consentirebbe, passando a Nord della Russia e della penisola Scandinava, di raggiungere il porto di Rotterdam in Olanda con un risparmio di 13 giorni rispetto al percorso attraverso il canale di Suez. La nuova via commerciale era stata presentata al Museo Madre di Napoli con il video The Upcoming Polar Silk Road, realizzato nel 2019 per la mostra Rethinking Nature nel 2022. Mazzei con il suo lavoro di indagine, accostabile a quello dell’artista Peter Fend (1950), fondatore della Ocean Earth Construction and Development Corporation, indaga le conseguenze ambientali sui territori e sulle relazioni economiche e sociali, l’arazzo consente di sintetizzare su una mappa artistica tutte le informazioni necessarie ad indagare il fenomeno.
In questi giorni è in esposizione nella Building Box l’opera fotografica di Silvia Mariotti Drowning Light, stampa Inkjet su carta cotone e dibond. L’interesse artistico è teso ad indagare la formazione della vita nei fondali marini o sulla terra, attraverso una fittizia esplorazione dei fondali, di per sé stessa molto complessa oltre una certa profondità. Per questo si serve di una tecnica fotografica che lascia imprimere le forme di oggetti o immagine sulla carta fotosensibile che viene poi immersa in una soluzione chimica e fotografata nel momento in cui le immagini si dissolvono, creando un effetto di fondale, a cui si somma l’effetto di luci al neon che riproducono i riflessi sulla superficie.
Il semestre si chiuderà con il lavoro Corpus Vitrearum di Gaspare al secolo Gaspare Luigi Marcone, che attendo di vedere ma che mi suscita notevoli perplessità data la sua natura concettuale e “povera”, piuttosto datata e scarsamente legata ad un effettivo procedimento artistico. In questo caso l’intenzione era di rappresentare il processo di trasformazione della materia e per questo l’artista, mentre realizzava lavori che utilizzavano il colore nero, ha raccolto l’acqua colorata e ha bruciato i lavori realizzati, racchiudendo la prima e la cenere in bottiglie che ha tappato e firmato. Il risultato, se denota il suo forte interesse per l’opera di Piero Manzoni, su cui ha scritto dei saggi, non sembra però evidenziare una sua originalità.
In conclusione, la rassegna Equorea, in questo suo primo semestre, ha fornito una rappresentazione delle tendenze dell’arte italiana nei riguardi dell’elemento acqua nelle sue varie forme. Restiamo in attesa del secondo semestre per una valutazione più completa. Mi permetto di segnalare infine che il nome di Roberto Ghezzi (Cortona, 1978), autore di un’interessante indagine sullo scioglimento dei ghiacci condotta sul campo, di cui abbiamo parlato qui nel marzo dell’anno scorso, avrebbe ben figurato tra i dodici.
Equorea (of seas, ice, clouds and other waters) at the Building Gallery The
Building Gallery in Milan launched the BuildingBox project in 2018, with which one of the windows is periodically destined to the work of an artist so that the same is visible to the viewer without it being necessary to enter the Gallery and especially at any time of the day and night, since the window always remains illuminated. Since January this year it hosts the works of the initiative Equorea, where 12 Italian artists, one for each month of the year, present, in a formula between solo and the group show, a work dedicated to the theme of water variously understood in the sense of: a necessary resource for our life, sea, ocean, a natural element constituting the material of which the universe is made and which, in the light of the risks of drought that we run, has acquired a new importance also from the artistic point of view.