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La trentesima edizione di Artissima si è chiusa con i numeri lusinghieri di 34.000 visitatori delle 181 gallerie che hanno portato all’attenzione del pubblico circa 1.500 opere. Il tema della rassegna, Relations of Care, era ispirato a un concetto sviluppato dall’antropologo brasiliano Renzo Taddei, Professore di Antropologia presso l’Universidade Federal de São Paulo in Brasile, un autore molto poco noto in Italia, dove non è stato tradotto alcun suo libro, dedicato a formulare un’ipotesi di superamento delle crisi del nostro tempo, prendendo ispirazione dal pensiero indigeno amazzonico e individuando la cura dell’ambiente e della natura circostante, come elementi fondamentali alla sopravvivenza. Non è stato facile riscontrare lo svolgimento del tema che in molti casi non è stato tenuto in alcuna considerazione. Al termine della visita però, riguardando foto e bigliettini, mi è sembrato emergesse che la sua trattazione fosse legata sì ai soggetti ma soprattutto ai materiali impiegati, per lo più sculture in metallo, resine, legno, tessuti e a poche opere pittoriche, come se questa tecnica fosse oggi meno immediatamente capace di realizzare la trattazione del tema.
Relazioni di cura in ambito artistico può far riferimento sia all’attenzione che l’artista pone alle tematiche dell’ambiente e del clima sia però anche all’attenzione intorno ai materiali che impiega e alle modalità di uso di questi, andando anche alla ricerca di una pratica artigianale di alcune fasi di lavoro che vogliono intendere una minore fretta realizzativa e quindi la rinuncia a un’attività di pura efficienza. In questo senso quindi opere che richiedono tempo, scelta e cura dei materiali, possibilmente di recupero, con riferimento a dei mestieri e a delle attività oggi molto poco presenti.
Il grande collage Be Net di Eugenio Tibaldi (Alba 1977), realizzato nell’ambito del progetto Artissima Junior, per bambini dai sei agli 11 anni, in collaborazione con Juventus, introduce certamente alla tematica del prendersi cura, attraverso immagini di abitanti delle acque e del cielo all’interno dei quali si colloca l’essere umano. Un invito ai giovani a stare in rete rendendosi conto che quella zoologica comprende anche noi, puntando a delle relazioni positive con tutti questi interlocutori e con l’ambiente in cui vivono.
Un discorso analogo è stato affrontato dall’artista inglese Paloma Prodfoot (Londra, 1992) con le sue sculture, una mosca della frutta, dei girasoli e la rappresentazione di un essere umano che si nutre attraverso le radici che, fuoriuscendo dalle sue estremità, affondano nel terreno. Oltre al tema sono importanti i materiali che questa artista impiega: ceramica smaltata, garza ricamata, corde e bulloni.
Per restare nell’ambito della ceramica, molto interessanti mi sono apparse le sculture in porcellana di Diego Cibelli (Napoli, 1987) modellate e decorate dallo stesso autore, in cui l’essere umano è intrecciato con degli elementi floreali e con frutta, oppure lascia il campo a questi.
I metalli: il rame, il ferro, il bronzo, l’ottone, sia nuovi che riciclati sono stati a mio avviso, gli altri mezzi attraverso i quali si sono interpretate le linee della manifestazione da parte di un gruppo piuttosto nutrito di artisti che autonomamente hanno scelto questi materiali che di per sé stessi e per le modalità di lavoro che richiedono, preludono a una cura nei confronti delle realizzazioni che si portano avanti. In primo luogo, cito il lavoro di Giulia Poppi (Modena, 1992) che è partita da uno strumento di lavoro che viene impiegato nelle cave di marmo; si tratta di un cuscino in ferro che viene riempito con dell’acqua attraverso una valvola e viene inserito tra le fratture dei diversi blocchi di marmo in modo da aumentarle e separarli. L’artista li ha poi verniciati con smalti in modo da ricavarne quasi delle forme di design per l’arredamento.
Un impiego altrettanto interessante del metallo riciclato è quello che viene proposto da Francesca Leone (Roma, 1964) che lo impiega per ricavarne grandi boccioli di rosa, oppure ne sfrutta gli effetti dovuti all’ossidazione o all’applicazione di colori ad olio come nella grande scultura che era esposta a Torino e che evocava un ammasso di alghe marine.
Gianluca Malgeri (Reggio Calabria, 1974), impiega filo di ferro, filo e fogli di rame per realizzare i suoi lavori, che consistono in volumi oppure in forme umane. A Torino ha presentato un bassorilievo in foglio e filo di rame e un paesaggio in cui il metallo era unito a del legno, lavori essenziali ma di grande espressività.
La ricerca di Jacopo Belloni (Ancona, 1992) ruota intorno a tradizioni e storia e all’impiego di vari materiali per restituirne una visualizzazione aggiornata. A Torino era presente con due opere, Anathema souvenir, una fusione in bronzo e ottone in cui, come su un espositore che può essere posto a terra o appeso al soffitto, ha disposto una serie di portafortuna, anti-iella, risultato di una sua ricerca del 2021 e Blue Dance una sorta di festone in seta del 2023.
Le sculture in bronzo di Laura Pugno (Trivero, 1975) cercano invece di fissare il movimento dell’acqua affidandosi alle forme che la cera sciolta di una candela accesa posta lungo un torrente assume rapprendendosi a contatto con il liquido, divenendo poi anima di una fusione a cera persa.
Artisti che realizzano sculture con altri materiali sono Bryan Hunt (Terre Haute, Indiana, 1947) del quale la galleria Thomas Brambilla ha presentato delle bellissime forme realizzate con carta, acqua, resina facenti parte della sua serie Airship,
o anche Chris Soal (1994) giovane artista sudafricano che con migliaia di stuzzicadenti in legno e bambo va ben oltre quello che potrebbe apparire un hobby perché i suoi volumi assumono il ritmo di formazioni marine mosse dall’acqua o di campi di grano attraversati dal vento.
Infine, la pittura che, a mio avviso, giocava un ruolo minore in queste relazioni di cura, almeno negli artisti più giovani. Interessanti mi sono apparsi i lavori di Michael Lombardo (USA, 1990), presentato da Barbati Gallery di Venezia, piccole tele coperte fin sui bordi di colori ad olio impastati con terra in modo da assumere un effetto quasi ceramico.
Il duo artistico Botto & Bruno, formato da Gianfranco Botto (1963) e Roberta Bruno (1966) che ha presentato con la galleria Alfonso Artiaco la serie La montagna sacra.
Da ultimo Mirko Baricchi (La Spezia, 1970) con la galleria Cardelli e Fontana, con la sua piccola opera Bebel, in cui con movimenti di spatola con cui distende il colore all’interno di una quinta, vuole evocare la natura e la selva.
Piccole note organizzative finali, la scarsa chiarezza della mappa che richiedeva che si individuasse la galleria nell’elenco e poi tramite il colore corrispondente all’area tematica e al numero alla sua posizione nella mappa. Una numerazione unica progressiva sarebbe stata molto più semplice da impiegare.
The art of care relations at Artissima 2023
The thirtieth edition of Artissima closed with the flattering numbers of 34,000 visitors of the 181 galleries that brought to the public’s attention about 1,500 works. The theme of the exhibition, Relations of Care, was inspired by a concept developed by the Brazilian anthropologist Renzo Taddei, dedicated to formulating a hypothesis of overcoming the crises of our time, taking inspiration from indigenous Amazonian thought and identifying the care of the environment and surrounding nature, as fundamental elements to survival.