Ernesto Treccani, le siepi oltre i volti

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Ernesto Treccani- Siepe blu – anni ’90 – olio su tela – 100×70

Alla galleria Ponte Rosso di Milano è possibile visitare, fino al 24 ottobre, la mostra Ernesto Treccani nel centenario della nascita, in cui sono presentate trenta opere scelte che danno conto dell’intera produzione pittorica dell’artista. L’esposizione è parte di un ciclo di eventi dedicati a questa ricorrenza che avrebbero dovuto svolgersi lo scorso anno ma che erano stati per l’appunto rinviati a quest’anno e di cui fanno parte anche due mostre virtuali visitabili sulla piattaforma digitale www.kunstmatrix.com, rispettivamente la prima fino al 25 ottobre e la seconda dall’8 novembre all’8 dicembre. Per chi, come me, era legato all’idea di un artista dei volti, la rassegna e il catalogo che l’accompagna hanno costituito una piacevolissima sorpresa, dandomi l’opportunità di conoscere aspetti della sua opera che non mi erano noti.

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Sex education: i fiori non sono solo natura

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Devo ammettere di essere rimasto intrigato dalla campagna pubblicitaria della terza stagione della serie televisiva Sex Education di e su Netflix (di cui non avevo mai sentito parlare), fin dalla sua prima comparsa nelle stazioni della metropolitana di Milano. Non però dai manifesti recanti grandi fiori, frutti e altri vegetali annuenti alla forma dei genitali maschili e femminili con l’intenzione di rassicurare, spero solo i più giovani, sulla unicità dell’apparato riproduttivo di ognuno, argomento su cui l’artista inglese Jamie McCartney ha realizzato numerose opere tra cui The great wall of vagina e The space of life, ma quanto piuttosto dagli altri che, simili ad affreschi, riportavano le foto dei protagonisti della serie avviluppati da una pianta che nel linguaggio dei fiori illustrava il carattere di ognuno di loro. Il fatto che una serie di successo, per di più rivolta agli adolescenti, impiegasse i fiori in uno stile compositivo che avrebbe potuto ricordare i manuali di botanica e le illustrazioni della vittoriana Kate Greenaway, mi è sembrato subito non casuale e innovativo. Doveva trattarsi di qualche significato che andava al di là dei fiori come riferimento alla natura e al mondo naturale come molti artisti e molte mostre continuano, in alcuni casi stancamente, a ripetere perdendo di vista gli altri significati che vegetali e fiori hanno per la nostra vita.

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La natura essenziale di Gianni Mantovani

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Gianni Mantovani-La luce che è in noi, 2020-cm 30x 30-tecnica mista su tela- (particolare)

Quando mi sono imbattuto casualmente nei dipinti di Gianni Mantovani (Concordia, MO, 1950), ho provato quella sensazione di andare oltre che è una delle componenti dell’emozione che provoca in noi un’opera d’arte e che, per l’appunto, mi ha spinto ad andare al di là dell’apparente semplicità della scena rappresentata. Pochi colori, quasi sempre il rosso, qualche volta il giallo, meno spesso l’azzurro, e poi il bianco e il nero. Figure elementari di case e chiese, alberi appena accennati con chiome tonde o affusolate, colline ripidissime o pianori, mai persone o animali. Una semplificazione della realtà non istintiva ma ragionata, certo molto vicina a quella che operano i più piccoli quando disegnano, perché i suoi lavori appaiono del tutto simili a quelli di un bambino anche se sono il risultato di un ragionamento, di una riflessione, di una scelta.

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Cristina Volpi ha levato l’àncora

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Si è svolta a Milano, nello studio museo Francesco Messina, nell’ambito delle manifestazioni del Fuori Salone, l’edizione 2021 di Terra Migaki Design, la manifestazione che promuove la realizzazione di edifici, finiture e oggetti in terra cruda, coordinata dall’arch. Sergio Sabbadini, di cui avevo parlato lo scorso anno. L’edizione di quest’anno, denominata con il termine giapponese Sozai (materie prime), era dedicata al tema del design sostenibile. L’evento comprendeva anche alcune installazioni artistiche, tra cui l’opera di Cristina Volpi (Saronno, 1975) Terra Àncora, terra ancora, che rappresenta un punto di svolta nella sua produzione. Lo spazio espositivo, ospitato nella chiesa sconsacrata di San Sisto al Carrobbio, si presta particolarmente, con i suoi diversi livelli (la cripta, la navata e la volta), per gli interventi della Volpi che lo sente come luogo dell’anima, della coscienza, dell’inconscio e dell’ultraterreno ma anche della consapevolezza del sé.

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L’amore di Raffaele Cornaggia per gli oggetti

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Raffaele Cornaggia – Macairodonte – l. 250 cm h. 80 cm peso 40 kg

In un bosco di sezioni di tronchi di alberi di grandi dimensioni, si aggirano una tigre con i denti a sciabola, un lupo nell’atto di ululare, un bambi pronto a fuggire al primo rumore sospetto. Animali realizzati con centinaia di parti di oggetti abbandonati e ritrovati nelle discariche o donati da persone desiderose di conservarne la memoria, avvitate tra loro a creare forme nel rispetto dei colori. Sono le opere di Raffaele Cornaggia  (Cosio Valtellino, 1961) l’artista che ha creato Scraps World, il mondo dei rifiuti in cui animali e divinità mitiche realizzati con l’impiego di materiali scartati sono stati ambientati, per l’edizione del Fuori Salone 2021, nel punto vendita dei maestri italiani dell’artigianato del legno Bruno Spreafico, proprio a ricordarci il valore di questa risorsa e della natura di cui essa è manifestazione, messa a rischio dalla dispersione di manufatti abbandonati sulla terra ed ormai anche attorno ad essa.

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Come pensano le foreste. L’antropologia oltre l’umano di Edoardo Kohn riguarda anche l’arte ambientale

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Foto tratta dal libro “Come pensano le foreste” di Eduardo Kohn

A fine giugno, l’editore Nottetempo ha pubblicato “Come pensano le foreste”, un libro dell’antropologo canadese Eduardo Kohn, apparso per la prima volta nel 2013. L’autore, con lontane origini italiane che hanno un peso nella storia di questo volume e di cui dirò alla fine, vi ha raccolto il risultato di quattro anni di lavoro in Ecuador tra le popolazioni Runa che vivono nelle foreste dell’Alta Amazzonia attorno ad Avila. Il libro, avvincente e complesso, ha avuto una notevole eco ed è considerato una pietra miliare nello sviluppo e nella rifondazione dell’antropologia culturale all’interno di un filone più ampio che comprende anche Philippe Descola, Anne Tsing di cui ho parlato qui e altri, ponendo l’accento non sulla relazione tra l’uomo e l’ambiente ma sul più ampio ecosistema in cui gli esseri viventi convivono, nel caso particolare la foresta amazzonica. Il titolo, certamente affascinante, vuole proprio sottolineare come gli esseri che la abitano condividono una modalità di pensiero comune. I suoi contenuti riguardano tutti noi e Kohn ha immaginato il suo lavoro come una sorta di diplomazia cosmica, cioè giungendo a “una cornice concettuale in cui i diversi attori – e io dico anche gli artisti – possono comprendere i loro mondi in modo nuovo”.

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A Pescara, sulle tracce della Pineta Dannunziana

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Paolo Dell’Elce-Pineta di Pescara

Nella prima quindicina di luglio ero in Abruzzo e avevo visitato, anche se frettolosamente, la Pineta Dannunziana e per questo sono poi rimasto colpito dall’incendio del due agosto che l’ha interessata. Nonostante sia stato domato abbastanza rapidamente, il rogo ha distrutto interamente il comparto cinque, la zona di riserva integrale chiusa al pubblico, inoltre, il fatto che si sia sviluppato all’interno della città ha creato un forte impatto psicologico. Durante la visita mi ero però sorpreso nello scoprire che l’area fosse stata istituita come Riserva Naturale Dannunziana solo il 18 maggio del 2000, cioè appena 21 anni fa e mi sembrava che questo stridesse un po’ con l’esternazione di sentimenti di preoccupazione che è seguita al fuoco. Possibile che un bene così importante avesse trovato così poca e recente attenzione? E quanto questo bene era stato presente nella ricerca artistica a testimonianza del suo valore simbolico? Qui di seguito espongo i risultati delle letture, delle visite e degli incontri di un milanese/abruzzese in vacanza, senza alcuna pretesa di completezza.

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I riflessi contrastanti dell’organico e del tecnologico

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Mario Costantini-Il primo schizzo della scultura Riflessi-2020

Il percorso artistico di Mario Costantini (Penne, 1946) si articola da anni attorno ai concetti di organico e tecnologico, la coppia di opposti che sintetizza i gradi della natura umana e che diffonde la sua influenza sui destini del nostro pianeta. Concetti il cui significato, al di là dell’esatta definizione su cui la filosofia ha molto indagato, ci è ormai familiare e che intuiamo istintivamente. Essi accompagnano l’uomo fin dalla sua comparsa sulla Terra: il primo rappresenta la sua parte animale, il suo legame con l’ambiente naturale, la sua istintività; il secondo invece il suo bisogno di organizzare e classificare, la sua mania trasformativa, la costruzione di manufatti per realizzarne altri. Ad ognuno di essi facciamo corrispondere una discendenza e una forma: materna, tondeggiante e sinuosa quella del primo; paterna, aguzza e spigolosa quella del secondo. Aspetti presenti in ciascuno di noi ma che permeano anche il mondo, prevalendo di volta in volta l’uno sull’altro ma in realtà mischiandosi e ritrovandosi in ogni aspetto della nostra esistenza.

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La Città Vegetale va in vacanza. Ecco le mie proposte di lettura per l’estate

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La copertina del libro di Eduardo Kohn Come pensano le foreste

Care lettrici e Cari lettori, a luglio e agosto, La città vegetale-l’ambiente visto attraverso l’arte non pubblicherà i propri articoli con la solita periodicità settimanale del lunedì, ovverossia potranno esserci nuovi articoli ma senza una scadenza fissa. Questo perché l’autore sente il bisogno di studiare e di approfondire le tematiche di cui si occupa da circa due anni e che sembrano indirizzarsi verso dei punti di svolta.

Nei primi sei mesi di quest’anno, ho pubblicato 24 articoli che hanno ottenuto 13.375 visualizzazioni da 6.032 visitatori. Nello stesso periodo dell’anno scorso gli articoli erano stati 25 con 7.101 visualizzazioni e 2.235 visitatori. Ciò significa che le problematiche ambientali osservate dal punto di vista dell’arte e degli artisti riscontrano un interesse crescente.

Per approfondire questi temi vi suggerisco dei libri, nell’ordine di importanza che hanno per me, alcuni già letti, alcuni in lettura, altri ancora da leggere. Il primo è Il sussurro del mondo di R. Powers che è il romanzo che mi ha riavvicinato alle tematiche ambientali. Il secondo è il saggio Arte, ambiente, ecologia di Gaia Bindi, di cui ascoltai fortunatamente la presentazione dal vivo, che fornisce una sintesi utilissima e credo unica del rapporto tra i tre ambiti. Il terzo è La vita delle piante di Emanuele Coccia che ci conduce nella mescolanza con l’ambiente vegetale. Per continuare con i libri che sto leggendo vi propongo Come pensano le foreste di Eduardo Kohn, un libro complesso ma che avrà una lunga influenza sulla nostra visione degli altri viventi e di cui scriverò in autunno. Poi Le metamorfosi di Publio Ovidio Nasone perché nel nostro futuro dovremo sperimentare cambiamenti del nostro stato nel tentativo di avvicinarci agli altri regni. Altro libro in lettura è Biofilia di Edward Wilson purtroppo fuori catalogo ma rinvenibile nelle biblioteche, utile per comprendere la nostra relazione con gli ambienti naturali. Infine, due libri di cui ho ascoltato la presentazione sul podcast Il posto delle parole di Livio Partiti: La lezione della farfalla di Daniel Lumera e Immaculata De Vivo e il romanzo L’anatra sposa di Marta Ceroni che illustrano le nuove parole che dovremo impiegare per comprendere e cambiare la situazione che stiamo vivendo.

Naturalmente se potete visitate mostre e frequentate l’arte in tutte le sue forme.

Buone vacanze!

Dear readers, in July and August, The vegetable city-the environment seen through art will not publish its articles every Monday. In the first six months of this year, I published 24 articles that got 13,375 views from 6,032 visitors, the first increased almost double and the second almost three times over the same period last year. For this summer I propose you some books.

I wish you happy holidays!

Il lavoro sotterraneo della natura nell’Orto Botanico di Bergamo

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Daniela Barzaghi-Specchi d’acqua-Vetro e filo di acciaio-2021

L’Orto Botanico di Bergamo Lorenzo Rota, nella sua sede di Città Alta, ha ospitato, nella settimana che si è appena conclusa, la mostra d’arte ambientale Il lavoro sotterraneo della natura, ideata e curata da Valeria Vaccari che ha invitato cinque artisti: Daniela Barzaghi, Patrizia Bonardi, Helene Foata, Gaetano Fracassio e Maria Cristina Galli, a realizzare opere appositamente pensate per questo spazio, dopo averlo visitato nei mesi precedenti. Secondo la curatrice, “Mentre noi Umani assistevamo inermi alla pandemia osservando il mondo da una finestra o su un balcone, la Natura riprendeva i suoi spazi indisturbata, il suo ciclo vitale di gemmazione, fioritura, frutto e infine apparente silenzio nei mesi invernali continuava indifferente. Il lavoro sotterraneo si manifestava con piccoli segni, quasi invisibili ai nostri occhi”. Partendo dalle sensazioni vissute nel periodo della chiusura e della sospensione originato dalla pandemia, agli artisti si chiedeva di concepire lavori che si affiancassero al ritmo della Natura, integrandosi e mimetizzandosi con essa riconoscendone la supremazia. Dopo Bergamo, a partire da settembre, la mostra sarà replicata in altri sedi, Paderno Dugnano, nella biblioteca progettata da Gae Aulenti e a Cremona, nel chiostro che ospita l’associazione ALAC, con nuove realizzazioni ispirate ai differenti contesti.

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