Nella prima quindicina di luglio ero in Abruzzo e avevo visitato, anche se frettolosamente, la Pineta Dannunziana e per questo sono poi rimasto colpito dall’incendio del due agosto che l’ha interessata. Nonostante sia stato domato abbastanza rapidamente, il rogo ha distrutto interamente il comparto cinque, la zona di riserva integrale chiusa al pubblico, inoltre, il fatto che si sia sviluppato all’interno della città ha creato un forte impatto psicologico. Durante la visita mi ero però sorpreso nello scoprire che l’area fosse stata istituita come Riserva Naturale Dannunziana solo il 18 maggio del 2000, cioè appena 21 anni fa e mi sembrava che questo stridesse un po’ con l’esternazione di sentimenti di preoccupazione che è seguita al fuoco. Possibile che un bene così importante avesse trovato così poca e recente attenzione? E quanto questo bene era stato presente nella ricerca artistica a testimonianza del suo valore simbolico? Qui di seguito espongo i risultati delle letture, delle visite e degli incontri di un milanese/abruzzese in vacanza, senza alcuna pretesa di completezza.
Continua a leggereCategoria: pittura
La Città Vegetale va in vacanza. Ecco le mie proposte di lettura per l’estate
Care lettrici e Cari lettori, a luglio e agosto, La città vegetale-l’ambiente visto attraverso l’arte non pubblicherà i propri articoli con la solita periodicità settimanale del lunedì, ovverossia potranno esserci nuovi articoli ma senza una scadenza fissa. Questo perché l’autore sente il bisogno di studiare e di approfondire le tematiche di cui si occupa da circa due anni e che sembrano indirizzarsi verso dei punti di svolta.
Nei primi sei mesi di quest’anno, ho pubblicato 24 articoli che hanno ottenuto 13.375 visualizzazioni da 6.032 visitatori. Nello stesso periodo dell’anno scorso gli articoli erano stati 25 con 7.101 visualizzazioni e 2.235 visitatori. Ciò significa che le problematiche ambientali osservate dal punto di vista dell’arte e degli artisti riscontrano un interesse crescente.
Per approfondire questi temi vi suggerisco dei libri, nell’ordine di importanza che hanno per me, alcuni già letti, alcuni in lettura, altri ancora da leggere. Il primo è Il sussurro del mondo di R. Powers che è il romanzo che mi ha riavvicinato alle tematiche ambientali. Il secondo è il saggio Arte, ambiente, ecologia di Gaia Bindi, di cui ascoltai fortunatamente la presentazione dal vivo, che fornisce una sintesi utilissima e credo unica del rapporto tra i tre ambiti. Il terzo è La vita delle piante di Emanuele Coccia che ci conduce nella mescolanza con l’ambiente vegetale. Per continuare con i libri che sto leggendo vi propongo Come pensano le foreste di Eduardo Kohn, un libro complesso ma che avrà una lunga influenza sulla nostra visione degli altri viventi e di cui scriverò in autunno. Poi Le metamorfosi di Publio Ovidio Nasone perché nel nostro futuro dovremo sperimentare cambiamenti del nostro stato nel tentativo di avvicinarci agli altri regni. Altro libro in lettura è Biofilia di Edward Wilson purtroppo fuori catalogo ma rinvenibile nelle biblioteche, utile per comprendere la nostra relazione con gli ambienti naturali. Infine, due libri di cui ho ascoltato la presentazione sul podcast Il posto delle parole di Livio Partiti: La lezione della farfalla di Daniel Lumera e Immaculata De Vivo e il romanzo L’anatra sposa di Marta Ceroni che illustrano le nuove parole che dovremo impiegare per comprendere e cambiare la situazione che stiamo vivendo.
Naturalmente se potete visitate mostre e frequentate l’arte in tutte le sue forme.
Buone vacanze!
Dear readers, in July and August, The vegetable city-the environment seen through art will not publish its articles every Monday. In the first six months of this year, I published 24 articles that got 13,375 views from 6,032 visitors, the first increased almost double and the second almost three times over the same period last year. For this summer I propose you some books.
I wish you happy holidays!
Nel bosco di Dacia Manto animali e piante agiscono su di noi
Walden, il bosco in cui il filosofo Henri David Thoreau (1817-1862), si ritirò a vivere per 26 mesi quando aveva ventotto anni, per sottrarsi allo stile di vita dei propri concittadini di Concord, è un luogo sempre attuale e ricorrente nella trattazione artistica che ne è seguita. Non stupisce quindi che Dacia Manto (Milano, 1973), che si ispira a Thoreau e che già nel 2008, a Ravenna, gli aveva dedicato una installazione e una performance, abbia voluto, in un certo qual modo, ricrearlo a Milano, alla galleria Red Lab diretta da Lucia Pezzulla. Entrati ci si trova in una piccola stanza in cui alle pareti scure sono appesi i lavori realizzati dall’artista su vari materiali, con diverse tecniche e di differenti dimensioni. Sedendovi sulla panca posta al centro della stanza, vi troverete immersi in un bosco da cui potrete osservare non immagini separate ma un panorama unico e coerente, formato da una ricca e fitta vegetazione in cui vivono animali e in cui in lontananza scorgiamo un lago e talvolta intravediamo una figura umana. Avvertiamo un senso di pace, di tranquillità, il luogo non ci spaventa, ci troviamo in quella che l’artista definisce “una tana, uno spazio chiuso e sicuro” ma anche un caleidoscopio della natura. La mostra si intitola Nebulosa 11, beside Walden e prende il nome da Nebula, la lupa dell’artista morta da poco.
Continua a leggereA Lodi la Natura Risponde
A Lodi è ancora visitabile la mostra collettiva Natura Risponde curata da Angela Madesani e organizzata dall’ Associazione21, promossa nel 2019 dall’artista Pierpaolo Curti assieme ad un gruppo di amici. Curti ci tiene però a precisarmi che qui è presente in veste di operatore culturale e di guida e non espone le sue opere anche se alcune di queste sono però visibili nel suo studio che si trova a fianco allo spazio in cui si svolge la rassegna. L’associazione non ha avuto vita facile perché, subito dopo la sua costituzione è incappata nel Covid che nel territorio lodigiano ha avuto avvio. Oggi, pertanto, mentre stiamo cercando di lasciarci alle spalle questo periodo, una esposizione sull’argomento natura è l’occasione per interrogarci sulla relazione tra le forme dell’agire umano e le conseguenze che esso provoca e che si ripercuotono sullo stesso.
Continua a leggereLungo il miglio delle farfalle con Lucia Tumiati e Francesca Zoboli
Le farfalle sono probabilmente, assieme alle lucciole, alle coccinelle e alle api, tra gli insetti più amati da noi umani. Primo Levi, nel suo libro L’altrui mestiere, sosteneva che “il nostro stesso concetto di bellezza si sia modellato su di loro…Nella nostra civiltà sono <<belli>> i colori vivaci e la simmetria e così sono belle le farfalle” che sono “una vera fabbrica di colori” (naturalmente stiamo parlando di quelle diurne, i rapaloceri, così diverse da quelle notturne, le falene). Al tempo stesso, il loro volare di fiore in fiore è divenuto simbolo di un certo modo di concepire le relazioni sentimentali, cristallizzato da W.A. Mozart nell’aria “non più andrai, farfallone amoroso“ delle Nozze di Figaro, assieme a quello di una vita spensierata e priva di affanni lavorativi. Negli ultimi tempi poi, le farfalle, essendo degli ottimi bioindicatori, sono state associate ai timori connessi ai cambiamenti climatici e all’interazione non lineare di processi atmosferici che il matematico e meteorologo Edward Lorenz sintetizzò nel suo effetto farfalla secondo cui “un battito d’ali di una farfalla in Brasile avrebbe potuto provocare un uragano in Texas”. Frase che, anche se non andava intesa in senso letterale, è divenuta un modo di dire rappresentativo della imprevedibilità delle condizioni atmosferiche, esteso poi ad altri contesti.
Continua a leggereL’arte dal carcere di Zehra Dogan, dedicata alle sorelle Mirabal, al PAC di Milano
Al PAC di Milano, subito prima della ennesima chiusura temporanea, sono riuscito a visitare la sala dedicata a Zehra Dogan, la giovane artista curda di cui sono esposte una serie di opere realizzate durante la detenzione nelle carceri turche, allestita in contemporanea con l’esposizione, ben più ampia, dedicata all’artista e fotografa Luisa Lambri. Questo accostamento la rende ancora più notevole perché, passare dalle sale ampie e luminose, in cui sono esposte le foto dedicate ai giochi di luce sui dettagli di edifici e opere d’arte della Lambri, allo spazio piuttosto raccolto e poco illuminato dello spazio dedicato alla Dogan, ci fa percepire le differenze che continuano ad esistere quando parliamo di ambiente e degli effetti del cambiamento climatico tra chi ha di più e chi ha meno. In particolare, in questo caso, ci rendiamo conto che se tutti viviamo in un mondo con gravi problemi ambientali, degli esseri umani, in particolare i detenuti, in alcuni paesi vivono una condizione ancora peggiore. Per questo motivo torno ad affrontare il problema di cui avevo scritto già ad aprile dello scorso anno.
Continua a leggerePep Marchegiani si camuffa per manifestarsi
Di Pep Marchegiani (Atri, 1971) avevo parlato a settembre del 2020. Mi avevano colpito le sue installazioni in cui comparivano grandi fiori ed esse mi erano apparse, come avevo scritto, la migliore risposta alla domanda “perché continuare a dipingerli?”. Le sue opere, per quanto concettuali, erano fortemente illustrative e figurative, conseguenza anche della sua precedente attività grafica nel mondo della moda. Poco dopo, però, egli aveva iniziato a pubblicare sul suo profilo Instagram delle nuove opere molto diverse dalle precedenti. Quadri “astratti” formati da grandi strisce sinuose e accostate di diversi colori, simili a onde, dipinte su tele con dei lembi ripiegati, in modo da fornire tridimensionalità al quadro, con un forte effetto ipnotico.
Continua a leggereLuciano Mello Witkowski Pinto, un artista dalla parte dell’innocenza
Luciano Mello Witkowski Pinto (Americana, 1972) è un artista brasiliano che si è diplomato in scultura all’Accademia delle Belle Arti di Brera e che è tornato da alcuni anni a vivere in Italia. La sua vita artistica ha inizio a 12 anni quando un suo disegno viene notato da un insegnante che lo convince a prendere lezioni di anatomia. Dopo aver frequentato il liceo tecnico, che gli fornisce delle solide basi per la conoscenza dei materiali delle sue successive opere di scultura, viene a studiare a Milano, dove conoscerà Margherita Leoni, l’artista bergamasca di cui ho parlato due settimane fa e che diventerà sua moglie. In Brasile ha un suo laboratorio e inizia a realizzare sculture in marmo e bronzo, materiali che poi abbandonerà a favore di compositi di vario tipo che gli danno la possibilità di realizzare le forme e gli effetti desiderati.
Continua a leggereIl viaggio di Margherita Leoni attraverso la natura di due mondi
Margherita Leoni (Bergamo, 1974) è un’artista botanica che sta portando avanti un suo personale percorso di rappresentazione della vita vegetale. Dopo il diploma all’Accademia di Belle Arti di Milano, si sposta a vivere in Brasile, nella città di Americana, con lo scultore brasiliano Luciano Mello Witkowski Pinto, diventato suo marito e di cui parlerò nelle prossime settimane. Qui conosce l’ingegnere agronomo e botanico Harri Lorenzi che da anni percorre il Brasile per mapparne la flora, scoprendo nuove specie e riscoprendone di dimenticate e che ha stabilito la base del suo Istituto nella città di Nuova Odessa, confinante con Americana, dove nel 2011 fonderà il Jardin Botanico Plantarum, che ospita oltre 3500 piante. Dai risultati degli studi di Harri Lorenzi, Margherita Leoni trarrà ispirazione e conoscenze che approfondirà studiando Botanica all’Università di San Paolo.
Continua a leggereIl ritmo e la geometria della musica nelle nature morte di Gabriele Jardini
Osservando le opere di Gabriele Jardini (Gerenzano, 1956), si può essere tratti in inganno da una apparente semplicità. Ad esempio, guardando per la prima volta la foto nell’immagine di apertura, “Doppio scatto, oggetti ed alimenti tagliati”, mi ero posto solo due domande: se la natura morta avesse ancora un senso nella nostra epoca di immagini digitali e a cosa egli si ispirasse, senza porre la necessaria attenzione ad osservarla per cogliere invece le caratteristiche del suo lavoro. Per quanto riguarda l’attualità della prima posso rispondere che, nonostante gli eccessi a cui il digitale ci ha abituato e di cui siamo complici, il desiderio di riprodurre elementi naturali come frutta e vegetali assieme al vasellame in un ambiente domestico, sia comunque espressione di un amore per la natura. In secondo luogo, la mia impressione che si trattasse di una reinterpretazione di un Asaroton, cioè di un pavimento a mosaico diffuso nelle ville greche e romane in cui erano inserite raffigurazioni di alimenti, era superficiale, perché egli vuole dirci molto di più.
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