Al PAC di Milano, subito prima della ennesima chiusura temporanea, sono riuscito a visitare la sala dedicata a Zehra Dogan, la giovane artista curda di cui sono esposte una serie di opere realizzate durante la detenzione nelle carceri turche, allestita in contemporanea con l’esposizione, ben più ampia, dedicata all’artista e fotografa Luisa Lambri. Questo accostamento la rende ancora più notevole perché, passare dalle sale ampie e luminose, in cui sono esposte le foto dedicate ai giochi di luce sui dettagli di edifici e opere d’arte della Lambri, allo spazio piuttosto raccolto e poco illuminato dello spazio dedicato alla Dogan, ci fa percepire le differenze che continuano ad esistere quando parliamo di ambiente e degli effetti del cambiamento climatico tra chi ha di più e chi ha meno. In particolare, in questo caso, ci rendiamo conto che se tutti viviamo in un mondo con gravi problemi ambientali, degli esseri umani, in particolare i detenuti, in alcuni paesi vivono una condizione ancora peggiore. Per questo motivo torno ad affrontare il problema di cui avevo scritto già ad aprile dello scorso anno.
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