Pietro Ruffo (Roma-1978) mi confida che le carte geografiche provocano in noi la sensazione di poter abbracciare e contemplare uno spazio e un tempo enormi senza soffrire, portandoci ad uno stato divino, cioè senza nessuna delle preoccupazioni legate alla situazione della natura o della società a cui noi invece soggiacciamo nella nostra vita, con la comodità di uno studioso e non l’angoscia di chi ha vissuto delle esperienze terrene. Forse è per questo che lui le ha scelte come mezzo di espressione della sua attività artistica, concentrata attorno alla rappresentazione dei grandi drammi che l’umanità si trova ad affrontare. Il tema principale con cui si confronta fin dall’inizio della sua carriera è quello della libertà, su cui ha a lungo riflettuto, adottando il punto di vista del filosofo Isaiah Berlin ( Riga-1909- Oxford-1997). Artista dotato di grandi capacità di artigiano e di disegnatore, sa creare bellezza ed ha al suo attivo anche una lunga collaborazione con la Maison Dior dove è stato chiamato dalla sua direttrice creativa Maria Grazia Chiuri. Il 14 marzo la Galleria Lorcan O’Neill ha inaugurato a Roma la sua personale, Il giardino planetario.
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